I'm Armenian, Gevorg Emin

 

Sono Armeno, vecchio come l’Ararat,
I miei calzari si bagnarono nelle acque del Diluvio.
Presso le vette luminose dove sedette Noè
Un tempo la mia spada attrasse il sangue del terribile Bel.
Questi macigni ricoperti di muschio
Da tempo immemore, la mia mano spaccò per celare
Le fondamenta di un antico santuario
Ove il mio stesso sangue sparsi per santificare.
Un giorno qui, nella verde valle dell’Ararat
Messo da parte martello e piccone
Accesi il fuoco sull’altare Caldeo.
Eravamo giovani in quei giorni io e l’Ararat.
Allora ogni valle fiorita si tinse di cremisi;
Tutto ciò che vedemmo lungo i secoli
Germogliava col sangue dei contadini morti.
Sotto ogni cumulo riposavano armeni trucidati.
Erano andati incontro alle orde nemiche con scudi sicuri,
Subendo innumerevoli ferite da innumerevoli spade.
Sono armeno, vecchio come l’Ararat.
Tengo alta la mia testa come le colline. La mia storia è triste:
Ogni secolo trascorso mi portava dolore.
I miei figli si disperdevano lungo il mondo intero
Fiotti di sangue macchiavano l’Ararat. 
I miei campi arati producevano solo arbusti.
Vivevo e respiravo tra i campi bruciati
Su desolate macerie, ceneri inzuppate di sangue coagulato
Ora, con il mio sangue ritornato vitale,
Ancora i fuochi del santo altare bruciano vividi,
Scaldando il mio cuore e allietando il mio sguardo.
Forgiai nuovi aratri senza lame arrugginite;
Trasferii il patrimonio dei padri ai figli.
Il nostro tormento riempie i miei versi di fluente sangue caldo.
Un ventesimo secolo di Gregorio di Narek
Sono armeno, vecchio come l’Ararat.
Sotto le mie pene l’Ararat chinerebbe il capo
Nessun malvagio, che sorgesse nella storia
Come un sanguinario Attila, inferirebbe il suo primo colpo.
Offeso dai massacri, vissi schiavo per secoli.
Orfano, lottai strenuamente per sopravvivere.
Gli antichi semi di grano custoditi da cuori impavidi,
Oggi sparsi, germogliano nei miei vergini campi.
Benedette siano le mie radici, della cui forza mi meraviglio!
Esule un tempo senza casa, ora ho la mia patria.
Sono armeno, vecchio come l’Ararat
Tengo alta la mia testa, come un’aquila in volo. 
  (Gevorg Emin pag.57 del volume Songs of Armenia trad. L.H. Stone)

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